Ascolta e sarai saggio.
L'inizio della vera saggezza fa parte del silenzio.
Pitagora
Taci, con questo imperativo inizia la poesia di Gabriele d’Annunzio, La pioggia nel pineto, dove il poeta esorta la sua amata a entrare in una nuova epifania di sensi, attraverso il silenzio.
E così abbiamo un altro imperativo, ripetuto più e più volte nel poema, Ascolta, perché è solo mediante il silenzio che può prodursi l’ascolto, quello vero, quello profondo e universale.
La parola ha sicuramente soppiantato la sacralità del silenzio e la sua capacità di comprendere anche l’ineffabile. Il sommo poeta nel suo viaggio ultraterreno recupera spesso questo concetto, la difficoltà a spiegare ciò che vede, la mancanza di parole adeguate, trasumanar significa per verba | non si porìa, cioè tradurre in parole l’esperienza della transumanazione è qualcosa che il linguaggio umano non contempla, perché il “vedere”e “il sentire” sono superiori a ciò che può il “parlare”. Sovente infatti ci accorgiamo di non avere le parole per esprimere una emozione, una sensazione, un odore o un pensiero, ma in realtà un osservatore attento potrebbe capirlo senza bisogno della parola, soltanto guardando nel profondo degli occhi come fa dire Bulgakov, nel sogno di Nikanor Ivanovič, al conduttore di un programma che intervista il partecipante Kanavkin, Le credo! [...] Le credo! Questi occhi non mentono! Quante volte vi ho detto che il vostro errore fondamentale consiste nel fatto che voi sottovalutate il significato degli occhi umani. Cercate di capire che la lingua può occultare la verità, ma gli occhi no.
E infatti la perdita del silenzio e l’eccessivo uso del verbo porta inevitabilmente ad avere relazioni e conversazioni artificiali. Nel silenzio non esistono menzogna, superficialità, contraffazione, perché la relazione è portata all’essenziale, al vero e quindi a una comunicazione molto più profonda fatta di sguardi e gesti.
Potremmo azzardare a dire che quello che Platone racconta nel Fedro riguardo alla scrittura è applicabile anche alla parola.
Il filosofo nel Fedro parla del problema della scrittura tramite il mito di Theuth. Sul finire del dialogo, Platone affronta il problema del discorso scritto e, più precisamente, della differenza che intercorre tra conoscenza e sapienza.
Socrate racconta che Theuth, l'ingegnosa divinità egizia, si recò presso re Thamus, allora sovrano dell'Egitto, per sottoporgli le proprie invenzioni, consigliandogli di diffonderle presso il suo popolo, che ne avrebbe tratto grande giovamento. Le svariate arti che la divinità proponeva al re, ricevevano molti commenti da parte di quest'ultimo, che o lodava o criticava le stesse. Quando Theuth propose a Thamus l'arte della scrittura, la divinità sostenne che questa nuova conoscenza, avrebbe reso gli egiziani più sapienti e più capaci di ricordare. La risposta del re non tardò ad arrivare, O ingegnosissimo Theuth, c'è chi è capace di creare le arti e chi è invece capace di giudicare quale danno o quale vantaggio ne ricaveranno coloro che le adopereranno [...]. Infatti, la scoperta della scrittura avrà per effetto di produrre la dimenticanza nelle anime di coloro che la impareranno, perché fidandosi della scrittura si abitueranno a ricordare dal di fuori mediante segni estranei, e non dal di dentro e da se medesimi [...] e sarà ben difficile discorrere con essi, perché sono diventati portatori di opinioni invece che sapienti.
La stessa cosa è forse avvenuta con l’utilizzo della parola? Che il silenzio possa permettere all’essere umano di avere ad esempio capacità telepatiche è un’ipotesi studiata. Anche se non possiamo ad oggi dimostrare questa possibilità, è però certo che l’essere umano ha sempre cercato il silenzio come forma mistica, capacità di ricongiungersi con il cosmo, di raggiungere la comprensione universale e l’elevazione spirituale.
La pratica del silenzio, non solo come rinuncia della parola, ma anche come tentativo di ridurre la quantità di pensieri e placare l'attività frenetica della mente, viene considerata una forma di disciplina spirituale in molte religioni.
Molti ordini religiosi cristiani praticano il silenzio come regola dogmatica, in particolare gli ordini di clausura dove il silenzio è uno dei vincoli obbligatori della vita comunitaria.
Nel borgo dell'Isola di San Giulio sul Lago d'Orta, vi è una strada dedicata al silenzio e alla meditazione, opera di Madre Anna Maria Cànopi (Pecorara, 24 aprile 1931 - Orta San Giulio, 21 marzo 2019), badessa del monastero benedettino Mater Ecclesiae. In questa via tutto è un richiamo alla meditazione e al silenzio, si trovano anche diverse citazioni, in più lingue, come: Ascolta l’acqua, il vento, i tuoi passi... oppure, Se arrivi ad essere ciò che sei, sei tutto.
Nella religione induista il silenzio è una delle forme di sadhana, disciplina spirituale quotidiana. L’induismo sostiene che gli stadi inferiori si apprendono nella parola, mentre gli stadi superiori nel silenzio.
La meditazione tramite il silenzio è anche fondamentale nel buddismo e nell’ebraismo.
Il silenzio è un processo a cui noi dobbiamo aspirare per raggiungere il senso profondo della meditazione che porta alla pace interiore e alla comprensione cosmica, entrare in quel momento permette la contemplazione.
La disciplina del silenzio, secondo Pitagora, non era solo volta a calmare la mente attraverso il controllo della parola, ma era anche un modo per far emergere la vera essenza dell'individuo. Scopo ultimo era formare una mente più riflessiva attraverso l'autocontrollo della parola. Tramite pratiche ascetiche, il saggio della scuola di Crotona, insegnò a centinaia di uomini e donne che solo quando ci si astrae dal mondo sensibile si può entrare in contatto con il sé e quindi raggiungere la vera saggezza.
Il principio fondamentale di questo insegnamento, secondo Pitagora, si basa su un fatto essenziale: insegnare all’uomo a disciplinarsi per mezzo del silenzio. Infatti la cosa più difficile da controllare per noi umani è la parola, che è la causa principale dei problemi e delle tragedie personali, nonché il canale attraverso il quale portiamo la sofferenza nella nostra vita.
Il silenzio per la musica è come l’oscurità per la luce, è da esso che nasce e si manifesta. È grazie anche al silenzio che si rende udibile la musica. Nella notazione musicale una pausa, è un segno grafico che rappresenta un preciso momento di silenzio. Il silenzio, naturalmente privo di frequenza, timbro e intensità, l'unico parametro che condivide con il suono, in un contesto musicale, è la durata. Le pause, quindi i silenzi, hanno una funzione espressiva, infatti come le figure retoriche letterarie si parla anche di figure retoriche musicali. Questo concetto fu teorizzato e messo in pratica a cavallo fra il Rinascimento e il Barocco, per chi fosse interessato ad approfondire questo tema consiglio il libro Musica poetica, di Ferruccio Civra, pubblicato da Utet.
L'opera musicale più importante, che mette il silenzio avanti al suono è 4'33" di John Cage, brano che prevede che non venga suonata nessuna nota per tutta la sua durata e che, nelle intenzioni dell'autore era volta a dimostrare che anche nel silenzio era possibile creare una esperienza sonora in quanto è impossibile ottenere un silenzio assoluto.
In un mondo dove la mente è costantemente martellata da suoni, rumori stridenti, traffico, lavori, musica assordante, spazzatura mediatica, stimolazioni visive, suonerie, suonetti e rumorini di telefoni e applicazioni, televisioni e radio accese anche quando nelle stanze non vi è nessuno... come fa l’essere umano a ritrovare se stesso? A concentrarsi, a riflettere, a riposare, a meditare? In poche parole, a trovare la sua natura primigenia e la pace interiore?
La risposta è molto semplice, basta osservare gli animali. Gli animali vivono una vita fatta di silenzi, di contemplazione e soprattutto di sguardi. Chi ha come compagni di vita degli animali saprà, come me, che la relazione con un animale è qualcosa di inimmaginabile con gli esseri umani. È una relazione basata sul silenzio, sulla fiducia incondizionata, sull’amore puro e disinteressato, sulla comprensione animica e sul mutuo rispetto. Una relazione vera e unica che non viene sporcata dal chiacchiericcio superfluo, certe volte meschino, altre volte prepotente, altre ancora invidioso. Guardare negli occhi un animale è sprofondare nel proprio io, i loro sguardi penetranti e pieni di vibrazioni ci riportano all’essenziale, scandagliano nel nostro vero io, tramite loro vediamo noi.
Inoltre gli animali non hanno bisogno di parole per capire se una persona è buona o cattiva, loro lo sentono, loro lo sanno perché hanno sviluppato il senso della percezione, qualcosa che noi non consideriamo più, ma che pure abbiamo.
Infine mi permetto di affermare con sicurezza, perché l’ho sperimento moltissime volte nella mia vita, che il loro mondo fatto di silenzi e percezioni li ha portati ad avere sviluppato il dono della telepatia, attraverso cui spesso comunicano con noi, se la relazione istaurata è simbiotica. E sicuramente questa percezione extrasensoriale potremmo svilupparla anche noi se praticassimo il silenzio.
Vorrei concludere questo excursus sul silenzio volgendo un pensiero verso tutte le persone che soffrono di una patologia invisibile e impercettibile, sconosciuta ma fortemente invalidante. Una patologia che certe volte porta alla pazzia e in casi estremi al suicidio: gli acufeni. Ci sono persone che il silenzio non lo sentono più e non ne hanno più il ricordo perché un giorno, all’improvviso nella loro mente, nel loro silenzio, si è insinuato un sibilo, un fischio, un rimbombo, un fruscio un martellio sempre più forte e costante che no le ha più lasciate. Queste persone hanno dovuto fare i conti solamente con il loro coraggio e le loro forze perché gli specialisti affermano che non ci siano soluzioni, che è necessario abituarsi.
Intorno nessuno vede questa patologia e chi ne soffre si sente solo, perché nessuno può sentire quei suoni, nessuno può capire il fastidio e lo sconforto di coloro che ne soffrono. Perdita di concentrazione, nervosismo, insonnia, emicrania, mancanza di equilibrio sono solo alcuni degli effetti collaterali agli acufeni. Chi non soccombe, chi non rinuncia e decide di lottare per ritrovare minimamente una vita normale è sommamente ammirabile.
Oggi noi viviamo una vita innaturale dove il silenzio è completamente anientato. Sarebbe auspicabile recuperare una vita scandita dai ritmi della natura e dalla pace del silenzio per poter finalmente ridare priorità a noi stessi e a chi amiamo.