Archivio
La rivista
2023/1

Paul Célan riteneva che i poeti contemporanei hanno esperito tutti una forte tendenza ad ammutolire. Wittgenstein conclude il Tractatus logico-philosophicus affermando che su ciò di cui non si più parlare, si deve tacere. È certo un paradosso che il poeta debba zittirsi, e il filosofo tacere sulla soglia di ciò che solo meriterebbe davvero parlare. Paradosso poiché se manca la parola le cose stesse sfuggono alla nostra persa, come conclude Stefan George la sua poesia intitolata Das Wort. Massimo Baldini in Le parole del silenzio, sostiene che all’uomo del ventesimo secolo insieme al silenzio sono state rubate anche le parole per parlare del silenzio. Ciò vale anche per il ventunesimo secolo. Il peso di questa realtà è tale che può condurre autori alla scelta di tacere. Georg Steiner, in Language and Silence, cita Hölderlin e Rimbaud ricordando che Rimbaud, a ventuno anni smise di scrivere, dopo che si era cimentato, come definì lui stesso, in una Alchimie du verbe. Rimbaud portò a termine la Saison en enfer e s’imbarcò nell’altro inferno del commercio sudanese e del contrabbando di armi in Etiopia. In che modo, viene da chiedersi rispetto allo scenario appena esposto, l’ammutolire e il tacere possono esserea parola? Questione che può essere, forse, trasposta a livello visivo. In un bassorilievo su pietra buddhista del II secolo d. C., della scuola di Amaravati, il trono vuoto di Buddha durante l’assalto del demone Mara, esprime una pienezza del vuoto che si può trovare anche nell’etimasia, come ad esempio in un’antica rappresentazione della Trinità che si trova sull’arco trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma, e un’altra nella vicina chiesa di Santa Prassede, nella cappella si San Zenone. Il vuoto può essere il segreto del pieno.

Indice

Dare parola e immagine alla terra è un modo di prendersene cura facendo in modo che essa stessa si racconti. Grazie a quelle narrazioni la natura viene a conoscenza di sé.
Michele Amadò